CORPSES AND INTERVIEW WITH GIULIO publish below an interview conducted by the companions of the Collective SenzaTregua Giulio Palermo ricercatore presso l'Università di Brescia. Per motivi di spazio abbiamo dovuto tagliare parte dell' intervista, anche se praticamente concordiamo in toto sulle critiche di Palermo. Comitato studentesco. La riforma Gelmini ha provocato una vera ondata di proteste in tutta Italia. Non sono mancate, a dire il vero, sparute iniziative in difesa del ministro, ma risultano troppo folkloristiche per darne conto. Studenti, insegnanti precari, genitori, docenti di ruolo, personale amministrativo, dirigenti scolastici e rettori hanno dato vita a un’articolata protesta che solamente qualche tentativo di infiltrazione fascista ha cercato di rovinare, peraltro non riuscendovi. C’è un generale accordo sul fatto che, dietro l’espressione “riforma”, si nasconda in realtà una serie indiscriminata di tagli, peraltro in coerenza con quindici anni di riforma di centro-destra e centro-sinistra, per ambedue i quali università e istruzione non erano settori strategici nei quali investire, ma prede da spolpare con una politica di tagli e privatizzazioni. Al di là di questo giudizio condiviso, però, alcuni aspetti della legge 133 hanno faticato a emergere, così come una visione critica di insieme, che analizzasse i danni che la riforma Gelmini si appresta a compiere tanto sulla formazione dei giovani studenti, quanto sul diritto al lavoro di chi vive la scuola e soffre dell’alienazione che essa provoca.
Cercheremo di approfondire alcuni aspetti della riforma Gelmini e della protesta dell’Onda con l’aiuto di Giulio Palermo, ricercatore presso l’Università di Brescia e attento osservatore tanto della riforma universitaria, quanto delle diverse proteste che essa ha generato.
La protesta contro la Gelmini afferma: si salvano gli istituti bancari e si finanziano le industrie, ma si taglia nel campo dell’istruzione e della ricerca. E’ una chiave di lettura plausibile o solamente parziale?
I fatti dicono che il problema distributivo esiste ed è grave. Il governo, ma anche le autorità monetarie e le istituzioni internazionali, non prestano certo la stessa attenzione ai problemi del mondo bancario e imprenditoriale e a quelli degli studenti e dei lavoratori. D'altra parte questo è il capitalismo: i lavoratori che perdono il lavoro non sono motivo di crisi. Anzi aiutano a tenere bassi i salari e le rivendicazioni, cose del tutto funzionali al processo di accumulazione capitalistica. […]
Per questo la chiave di lettura è giusta, ma parziale. La questione distributiva è solo un aspetto del problema. La questione centrale riguarda invece il capitalismo come modo di produzione, prima ancora che come modo di distribuzione. La “necessità” di socializzare le perdite è solo l'altra faccia della medaglia, in periodo di crisi, del principio di privatizzare i guadagni, quando le cose vanno bene. Ma queste “ingiustizie” dal lato della distribuzione hanno la loro radice nello sfruttamento che caratterizza la produzione, tanto nei periodi di espansione quanto in quelli di recessione. Non ha senso combattere le conseguenze distributive del capitalismo senza rimetterne in discussione i principi fondanti, cioè innanzi tutto lo sfruttamento di classe nella sfera produttiva. [..]
Oggi in molti dicono di non voler pagare il conto della crisi, credendo che la sfera distributiva sia indipendente da quella produttiva. Ma la verità è che i lavoratori la crisi l'hanno già pagata con l'aumento del tasso di sfruttamento nella produzione, che poi è una delle historical tendencies of capitalism, in periods of weakness in the labor movement.
In the university sector, this line of radical critique, not simply anti-government, but more generally anti-capitalist, first door to get away from the corporatism of the professors that while prescribing the commodification of society, would exclude this process from their happy island, asking for help to the company, instead of offering sympathy to the workers' movement. Many are taking collective consciousness of the extent of systemic economic crisis and are trying to build a class response to the offensive of capital. However, the problem is that baronial power and the government have an interest joint to maintain the university in protest cost of trading limits on certain cuts in research without challenging capitalism and its neoliberal adjustment mode. This, ultimately, is the still unresolved contradiction that characterizes the university context.
But the problem is not only the relationship between the student movement and other forces universities. Among the group are in fact two different trends emerging. At first glance, the students seem united in the cry: "The crisis you do not pay us!" But as a part of the movement seeks to radicalize the conflict, joining in the protests of workers and civil society against the commodification of society, molti collettivi, appoggiati da una parte importante dell'intellighenzia di sinistra, rispondono all'attacco governativo restando fermi alla sfera distributiva, senza accorgersi che questo significa, nella migliore delle ipotesi, salvare se stessi scaricando su altri il prezzo della crisi. Una parte del movimento studentesco finisce così per fare propria la concezione dei cattedratici, che considerano l'università e la ricerca come terreni sacri e intoccabili. Eppure, con tutto il rispetto che ho per la cultura e per la scienza, la mercificazione dell'istruzione e della ricerca restano per me fatti meno gravi rispetto alla mercificazione della salute e della vita umana.
Chiedere il ritiro dei tagli all'istruzione e alla ricerca senza rimettere in question the policy of dismantling the basic rights and essential services in which you enter the wrong cuts is politically and strategically ineffective. [...]
Even if the university movement succeed in reversing the government's schools and universities, however it will be a Pyrrhic victory. If the price to pay to save the education and research today is the disintegration of social solidarity, the victory, even in the restricted area university itself, can only be temporary. [...] If only we could
to frame the restructuring ordered by Berlusconi and Tremonti in this general plan of placing the company's businesses, some misinformation about the role of research and education would fall on their own. Although it may seem paradoxical, however, the mystification of the political debate is more on the side of the Wave - which would defend the university through self-reform and self-education, without addressing the commodification of society - than from that of the government - that, in a very explicit, he wants to commodify everything, giving the company the banks and businesses. [...]
One of the most disturbing aspects of the reform and perhaps less in-depth about the so-called "honor loans" that, in addition to confirming Financial terms of the vocation to enter the world of education (loans, credits, debits) seems at first glance, a device through which the student borrows funds to continue his studies. Another step towards a school class?
The issue of student loans is part of policies to force the rate of exploitation of workers, students downloading on the costs of their training. As always, the individualistic perspective allows you to present this as a useful measure to the individual, which would otherwise be forced to give up his studies. From the social point of view, this implies, however, the cancellation of the right to education, which becomes in all senses a service (a commodity) that is purchased on the market. And if someone does not have the money to buy his rights, that is unfair! But the rights, either in cash or by credit, however you pay. This is the new social philosophy that governments and business forces defending in a clear and explicit.
The problem is therefore not the terminology, but of substance. [...]
This is an effective way to undermine the very essence of the right to education as a service that can only be obtained on payment is called good, not right . [...]
to become more class-not only schools and universities, but the entire society, with an increasingly sharp separation between individuals not only in access to jobs, but also in access to services and in exercising such rights. [...] When
Ruberti introduced this innovative tool for "right to education, our challenge was not about the difference between cash and credit payment, but the fact that the right to education was commodified, becoming available only for payment. Pantera to the market did not like either spot or forward. Today, however, develop critical front looking for the language problem in the best companies, rather than the fact that this language describes.
Again, sadly, seems to me that the deception is now more dal lato di chi protesta che non da quello di chi comanda. Da tempo una parte importante del movimento studentesco critica la politica universitaria (dai prestiti d'onore ai crediti formativi) su basi puramente formali, senza cogliere la sostanza che nasconde. La critica riguarda sempre più le presunte implicazioni delle riforme sui processi di autoformazione e di appropriazione dei saperi da parte dello studente (di cui personalmente fatico ancora a capire il significato), lasciando in secondo piano quello che a me appare come il vero problema: la mercificazione dell'università e la sua trasformazione in appendice del sistema produttivo.
Si parla dell’Onda come della protesta degli studenti, dei professori, al massimo parents. But what are the effects of the Gelmini reform on non-teaching staff (janitors, administrative)?
[...] With the privatization of actual hours will require restructuring in key best companies across the university staff.
Not only do certain tasks should be redefined to suit the needs of new entrants to govern the university, but also in terms of contract start treacherous paths of separation and competition between workers, both within the same university, and in relations between different universities. Possible developments of this process can not be clearly delineated until it clarifies the way in which processing will take place in foundations, but it is significant that, unlike other waves of protests, this time the technical and administrative staff are developing their own initiatives to combat, in some cases alongside the other components of the movement, other times completely independently. This is an important new feature that shows the political consciousness of a part of the labor movement that does not seem fully understood by the forces attached to the university more sull'autoformazione speech and freedom of knowledge. [...]
is very different but the students' attention antagonists, insisting on the reconstruction of an opposition-class and the need to re-establish relationships of solidarity with the movement of workers. From this point of view, the movement of technical and administrative workers can play an important role in reconciliation between the university and the struggles of the working world in general. [...]
At university level, the Wave requests an increase in PhD programs, but it would be appropriate to fully revise the instrument? Well you've written, in fact, in a letter on the blog of Knowledge Working Group: "In this system, grants and contracts to support teaching and research play a dual role: as a test of loyalty and co-opted as a base material cooptatore which derives its power and discharge their other duties. Among cooptatore and co-opting is established fact un accordo implicito ed illecito secondo cui il secondo si accolla mansioni proprie del primo (dai lavori di ricerca alle lezioni frontali in aula), in cambio di borse e contratti (e della promessa di un posto di ruolo)”.
Il problema non sono i dottorati di ricerca, che sono momenti di studio, anche se i dottorandi italiani più opportunisti vorrebbero presentarsi come “lavoratori” veri e propri, dipingendosi pure come soggetti sfruttati per le borse che illecitamente portano ai loro referenti. […]
Il dottorato di ricerca in Italia non è affatto un momento di scontro o di conflitto col potere baronale, ma costituisce semmai il processo nel quale si sviluppano i rapporti accademici utili at cooptation. For many, then, is only a moment of study following graduation and, when used as an end (the scientific growth) rather than as a means (to prepare the ground for co-option), allows some degree of scientific autonomy in more than pre-graduate studies. The discourse on knowledge (with a capital S and strictly in the plural) developed by the moderate wing of the movement, however, offers doctoral theoretical ground for the militants appear as an outpost of the fight against insecurity in what, according to the concept of cognitive capitalism, is the nerve center of social conflict: the university. In fact, even in this case does not go beyond the self that leads to represent l'università come la nuova fabbrica dell'era post-fordista e i dottorandi, cioè persone che in molti casi non hanno mai lavorato, come l'avanguardia del nuovo conflitto sociale.
Ovviamente, le generalizzazioni non devono essere forzate oltre misura, perché tra i dottorandi, come tra gli studenti, di gente che conosce bene i call center ce n'è molta. Ma è anche pericoloso coprirsi gli occhi di fronte all'università classista che, come la scuola, i soggetti provenienti dalle classi più umili li butta sul mercato del lavoro il più presto possibile. Anche in questo caso mi sembra che la mistificazione provenga proprio dai soggetti con le parole d'ordine più accattivanti nella lotta alla precarietà, ma dai contenuti politicians more empty of meaning. [...]
is significant from this point of view, which also organized by the National Assembly by the collective wisdom, did not leave the request to abolish all precarious positions, research grants from the courses in custody, but that of clear up all these figures into one figure to work. Researchers at all insecure because they do not want the end of precarious university, of which they complain so much in political forums, because they know that this would also mean the end of the co-optation, they possessed in academic forums. They want a simple rearrangement of temporary work, to make it less arbitrary and more precise process of cooptation. […]
Se, infatti, uno degli obiettivi della protesta consiste nel contrastare la cultura della classe dominante, la cooptazione non è invece un metodo per riproporre tale cultura?
Sì, avete ragione: il motivo per cui la cooptazione costituisce un problema politico e non semplicemente giuridico è che essa riproduce le idee della classe dominante. Questo tuttavia è un problema sul quale, a mio avviso, il movimento studentesco non ha ancora maturato una propria linea critica. Si tratta infatti di un problema che divide nettamente il movimento a livello politico anche se sul piano formale tutti sembrano condannare la cooptazione. Una parte del movimento, più legata ad una concezione interpretativa and struggle based on class relations, has initiated a critical analysis of the consequences of this mechanism of recruitment on the reproduction of class culture. Another part, however, closer to knowing what the social classes, not to be considered co-opted as a mechanism to be read in this key conflict. [...]
The co-optation is by nature a conservative practice, which closes the gates to the forces and ideas that are not already represented within the system and instead opens to those who can be helpful to schools of thought more powerful. This imposes stringent selection mechanisms during the process cooptativo that reproduce both materially and culturally ruling class.
The problem, from this point of view, not in any way the tricks by which the most powerful barons relatives and friends. These are just a degeneration of the system of co-optation. The real problem concerns the mechanism of co-optation in its purity when it generates abuse or scandal.
First to begin the process of co-option requires a special relationship with a teacher's role is powerful enough, a so-called Baron. [...]
cooptativo Once you start the process, the stage of "precarious" before access to the chair, adding to the selection class. Materially it presupposes In fact, favorable economic conditions that allow to stay afloat in the fight for the award of grants and contracts, phase during which the aspiring university builds sufficient academic credits (made of unpaid work) in respect of its referent, excluding departure those who can not afford this intertemporal trade favors with the power barons.
materials are added to these factors and subjective factors that contribute to the cultural reproduction of the ruling class. [...]
Seen from outside, the recruitment is clearly an obstacle to the emancipation of the scientific co-opting. [...] From this point
di vista, la questione della meritocrazia, che spesso si intreccia con quella della cooptazione, non ha alcuna rilevanza. Il problema non riguarda infatti l’eventuale incompatibilità dei criteri meritocratici con la pratica cooptativa. I difensori della meritocrazia e della cooptazione sostengono ad esempio che il vero problema riguarda i criteri adottati dai cooptatori, troppo spesso clientelari e solo raramente rispettosi del vero valore scientifico del cooptando. Secondo questa posizione, dunque, la cooptazione non presenta alcun limite intrinseco, a patto che sia opportunamente gestita su basi strettamente meritocratiche. Sta di fatto, tuttavia, che anche i “cooptatori rispettosi della meritocrazia” stabiliscono il merito dei candidati prima di bandire il concorso. La dimostrazione dei meriti scientifici dei loro allievi avviene infatti nella fase di prova, in cui il cooptando, nonostante il precariato e le difficoltà economiche, rimane legato a filo doppio al proprio referente, quale che sia la propensione di quest’ultimo per la meritocrazia o per il nepotismo. […]
Il risultato è che, una volta completato il processo di cooptazione, il nuovo universitario, al di là delle sue origini di classe, ha perso anche gran parte della propria autonomia. […]
Questo modo di riproduzione della cultura dominante costituisce un filtro contro ogni forma di devianza o semplicemente di pensiero critico indipendente: nel sistema di cooptazione, le idee senza baroni muoiono, con i loro portatori. […]
E’ uno slogan ripetuto mille volte, ormai: “Noi la crisi non la paghiamo!” Non c’è il rischio che a pagarla siano altre categorie sociali (migranti, anziani, disoccupati), alle quali togliere diritti e risorse per accontentare gli studenti e zittirli?
Lo slogan, per quanto apparentemente progressista e sovversivo, è carico di ambiguità. Noi chi? Noi universitari, che siamo un sottoinsieme privilegiato della società? Noi studenti, futuri lavoratori? Noi lavoratori? Noi disoccupati che il lavoro non ce l'abbiamo più? Noi cittadini? Noi che non siamo nemmeno cittadini? Because the point is that as students and then save the bill, including workers, retirees, or simply as citizens with fewer services available is not really an effective way to combat the crisis. [...]
The fact is that many students do not grasp this problem because they have no concept of class and economic relations continue to see the unemployed, workers and retirees as "other categories", instead of as moments of belonging to different class worker. [...]
Today, I believe that the student movement can take a step forward in drawing theoretical and political struggle, rejecting the argument that corporate divide rather than unite, those most exposed to government-business design. But this means having the courage to break off relations with the world progressives and baronial facade, only interested in maintaining their privileges, to reconstruct a class solidarity with those most prone to social dominance of enterprises. At the same time, the student movement should make an effort to get out of this quasi-autistic condition in which the self-student basis is sought only on self (the self-reform, self-training, ...), instead of the dialectic with other social forces.
"We do not want to pay for your crisis", which is fine, but if the whole economy reality that does not enjoy good health is not the case to resume the discussion on the means of production and forms of exploitation? Talking, that is, not only to "subjective autonomy" but also of collective paths of emancipation?
E 'during a heated debate inside the movement. As always interwoven with the requirements of unity in the struggle and radicalism in instances. What you put is a big problem. An economist, having studied for years under the market, I came to the conclusion, advanced by Marx a century ago, the crisis is structural to capitalism and the socialization of the means of production is a way to escape the economic governance impersonal market forces.
But, mind you, even the planning of multinationals and the system of international institutions are trying to steer the economy, preventing or at least mitigate the crisis. The issue of socialization of the means of production must therefore be given in terms of conflict as a way to put the economy at the service of society, beyond capitalism, instead of trying to govern: the subjugation of society by refusing the economy, rather than looking for the solution to economic problems in the commodification of social relations.
There is no question of setting up the technical committee that formulates the national economic plan. This is contrary to exploit all iniziative dal basso che vorrebbero indirizzare le risorse verso il soddisfacimento dei bisogni delle persone, invece che verso le esigenze di valorizzazione del capitale.
Le realtà di movimento su questo fronte hanno più da insegnare di qualsiasi esperto di teoria della pianificazione. La socializzazione dei mezzi di produzione è infatti un processo che può essere realizzato in vari modi.. […]
Ma è chiaro che a un certo punto il problema della pianificazione cosciente dell'economia attraverso la socializzazione dei mezzi di produzione dovrà essere affrontato in modo esplicito anche nelle lotte del movimento dei lavoratori. Da questo punto di vista, tuttavia, non mi sembra che i rapporti di forza siano oggi favorevoli. [...]
To build a united front of opposition among workers think it is possible today to get the message that behind the Gelmini reform, there is exploitation and subordination that an entire social class (composed students and, in fact, workers) suffer from the bosses?
The complaint against the reform of schools and universities is in itself a significant response to the processes of individualization for decades that make it increasingly difficult to control the drift mercificante and neoliberal hegemony. With a left and a right to compete better in those who defend the virtues of the market and a show-trivialization of political discourse, the conservative forces have succeeded for a long time to outlaw trials and struggles based on class relations. According to the mystification
neoliberal social classes no longer exist. All of us are a little 'and some workers' entrepreneurs (at least to ourselves). The market that rewards good and punishes the unskilled. And we compare the market on an individual basis, not class. Competition brings out the best individual, isolated from his peers and by rewarding those who can push more than others. In this way, the company gets the most out of each of its members and the common good is assured. This is the state of the debate with which the movement has to deal. There posto per i rapporti di classe nella concezione neoliberista.
Da questo punto di vista, la riforma Gelmini non segna certo una svolta. Al contrario, prosegue un cammino intrapreso da decenni e si inserisce nella fase di accelerazione voluta da Berlusconi e Tremonti. Si tratta di una attacco di classe in piena regola, portato con la forza dei tagli alla spesa e ai diritti, ma nascosto ancora una volta dietro la mistificazione dell'efficienza e del bene comune.
Il problema, tuttavia, è che ormai anche la risposta è di classe. Il movimento studentesco ha ancora bisogno di maturare e di risolvere le sue contraddizioni interne. Ma studenti e lavoratori sono di nuovo vicini. Il modello neoliberista sta affondando sotto le forze di mercato da esso stesso liberate and social forces are certainly not looking. In the largest institutional distrust of politics, are re-emerging social relations and class solidarity, against the trend of individualization processes driven by capital. This is a novelty with which business and government forces have to deal. And perhaps this is the reason why people prefer to speak of competition rather than class relations.
